Inserito da Polizzamigliore.it il 06/02/2020
La Brexit è un evento storico, che avrà certamente un impatto nelle vite dei cittadini dell’Unione Europea, non solo in ambito socioculturale ma anche a livello economico.
Se infatti lo shock per la dipartita del Regno Unito ha avuto un effetto immediato, gli inevitabili risvolti economici legati al commercio internazionale si faranno attendere più a lungo.
Fino al 31 dicembre 2020, ovvero fino alla fine del periodo di transizione, pur essendo ormai considerato un paese terzo all’Unione Europea, non vi saranno importanti cambiamenti per quanto riguarda gli scambi internazionali. Le procedure e la normativa europee in materia di libera circolazione di persone, merci servizi e capitali continueranno infatti ad essere applicate fino al raggiungimento di un nuovo accordo.
Allo scadere degli 11 mesi del periodo transitorio, salvo diverso nuovo accordo, il Regno Unito sarà ufficialmente considerato un paese terzo, quindi al di fuori del territorio doganale e fiscale dell’UE. Il commercio con il Regno Unito subirà quindi lo stesso trattamento applicato a tutti i paesi extraeuropei, sia per quanto riguarda la dogana, sia per l’Iva e le accise.
Risulta difficile in questo momento prevedere la durata delle trattative, sono infatti molti i punti da coprire per raggiungere un nuovo accordo di partenariato che soddisfi le due parti, ognuna determinata nel far rispettare le proprie condizioni.
I negoziati per giungere alla stesura definitiva per accordi di libero scambio tra stati hanno normalmente una durata pluriennale, si pensi al Ceta, l’accordo tra UE e Canada, il quale ha richiesto sette anni di incessante impegno per essere infine accettato dai paesi interessati. E’ però da sottolineare che, in questi casi, le difficoltà non riguardano soltanto la mole di aspetti considerati e la loro complessità, ma anche la problematicità nel trovare un compromesso tra sistemi giuridici molto lontani tra loro.
A differenza di altri accordi internazionali, però, l’accordo tra Regno Unito ed Unione Europea avrà come base comune il diritto europeo, applicato da entrambe le parti, il che potrebbe favorire la rapida concretizzazione di un accordo sulle tariffe doganali.
In questo caso la discussione comprenderà però molti settori oltre al commercio, come ad esempio la difesa, la cittadinanza o l’assistenza nel settore penale, rendendo difficile un pronostico sull’effettiva durata dei negoziati.
Indubbiamente il commercio rivestirà un ruolo centrale nella negoziazione, entrambe le parti sono infatti pienamente consapevoli dello stretto rapporto esistente tra l’Europa ed il Regno Unito e paiono intenzionate a raggiungere un ampio accordo di libero mercato, che dovrebbe entrare concretamente in funzione a partire dall’anno 2021.
Il modello d’ispirazione per questo accordo è quello vigente tra UE e Canada a partire dal 2017, ovvero il modello Ceta, il quale include non solo lo smantellamento totale dei dazi e delle barriere non tariffarie, ma anche la liberalizzazione di numerosi servizi e degli appalti pubblici.
Questo tipo di accordo risulta certamente lontano dai celebri modelli di collaborazione più integrata come quello svizzero o norvegese, considerati però dal Regno Unito come un legame troppo stretto con l’Europa e quindi non in linea con le volontà inglesi di distacco netto.
La paura dell’Europa è però che un già annunciato allineamento inglese al mercato USA potrebbe portare ad un cambiamento degli standard produttivi inglesi, allontanandoli da quelli europei, che tutelano maggiormente i consumatori: sorgono infatti già le prime criticità per quanto riguarda l’importazione di prodotti alimentari, in particolare l’importazione in Europa di carni trattate con ormoni e OGM.
Un aspetto cruciale che determinerà in gran parte la direzione che prenderanno i negoziati è quindi la politica che il Regno Unito intende seguire: pare infatti che il Regno Unito abbia tutte le intenzioni di divenire una sorta di paradiso fiscale europeo. Questa politica andrebbe certamente a ledere gli interessi europei, spingendo di conseguenza l’Europa a porre al tavolo delle trattative le tariffe doganali e l’effetto deleterio che queste potrebbero determinare sull’economia dell’ex membro dell’Unione, interferendo sulle catene di produzione, ad esempio nel settore automobilistico o in quello chimico.
L’Italia, per cui il Regno Unito rappresenta il quarto importatore per importanza economica di prodotti made in Italy, certamente soffrirà la fuoriuscita del paese dall’Unione Europea a livello economico. Si deve infatti considerare che, ad oggi, le aziende italiane con relazioni stabili con partner inglesi non hanno alcuna esperienza in operazioni doganali.
Un’altra realtà che verrà fortemente colpita dalla nuova situazione politico-economica derivante dal divorzio del Regno Unito dall’UE è quella delle catene produttive che comprendono aziende localizzate nelle due ormai distinte realtà, prima tra tutte quella automobilistica. Infatti, a partire dal gennaio 2021, i prodotti europei assemblati con componenti o materie prime provenienti dal Regno Unito verranno attentamente ispezionati, al fine di tutelare il trattamento preferenziale riservato alle merci europee, grazie ai diversi accordi di libero scambio internazionali. Tutto questo avrà indubbi risvolti sulle imprese, che dovranno far fronte ad ingenti cambiamenti per quanto riguarderà la contabilità aziendale, le procedure interne e la necessità di formazione del personale.
Un tema che a questo punto desta grande interesse nei cittadini europei è come verrà gestita la transizione dalle aziende assicurative che, pur stipulando polizze in Unione Europea, hanno sede legale in Regno Unito. I cambiamenti riguarderanno infatti ogni tipo di rapporto tra l’UE e l’ormai ex membro dell’Unione e il mondo assicurativo non farà eccezione: vi saranno infatti cambiamenti sia formali sia sostanziali di cui tenere conto. Le imprese assicurative dovranno infatti fronteggiare un cambiamento legislativo, pur mantenendo come priorità la garanzia dei diritti degli assicurati; le decisioni prese a tal fine includeranno necessariamente una modifica della forma societaria, lo spostamento della sede legale in un altro Paese dell'Unione europea o il trasferimento delle polizze a una compagnia di un altro Paese UE.
Le imprese tengono però a rassicurare i propri clienti, sottolineando l’opportunità di operare verifiche e controlli che viene fornita dalle procedure messe in atto, potendo così non solo continuare le proprie attività assicurative ma anche assicurare agli utenti una maggiore sicurezza nei loro confronti.
I contratti già stipulati verranno naturalmente aggiornati per aderire alle nuove imposizioni, come conseguenza, in alcuni casi, si potrà verificare un lieve incremento dei premi polizza oppure una riduzione delle garanzie incluse nei contratti. Sottolineiamo che ogni eventuale cambiamento verrà prontamente comunicato agli interessati, che potranno quindi decidere come procedere in base alle proprie esigenze e preferenze.
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